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«Ma gli altri fanno così»

Andare in direzione del «Ma gli altri fanno così» è una scelta che indebolisce la farmacia e il proprio posizionamento sul bacino di utenza di riferimento. Ecco cosa penso.

«Ma gli altri fanno così»

Gestire una farmacia oggi è tutt’altro che facile.

I “fronti” sono diversi e sempre più “caldi”.

  1. Il fronte “interno”, relativo alla gestione della logistica e all’organizzazione della farmacia.
  2. Il versante “centrale”, legato ai difficili equilibri tra fornitori di beni o servizi, a cui si aggiunge la gestione dei collaboratori.
  3. La parte “esterna”, ovvero il lato dei clienti-pazienti, nel quale va menzionato anche il rapporto (anch’esso difficile) con il Servizio sanitario nazionale (Ssn) italiano, un tempo il principale cliente della farmacia.

Soffermandomi sul terzo punto appena menzionato, la costante riduzione della spesa farmaceutica Ssn convenzionata nel corso degli anni ha portato, tra gli altri, all’indebolimento del driver principale degli accessi in farmacia: oggi non è più possibile “alzare la serranda” e aspettare che i pazienti entrino in farmacia con la ricetta Ssn in mano. Il principale veicolo di clienti di un tempo è sempre più debole e meno affidabile come fonte di traffico.

Da qui, sorge l’esigenza da parte dei titolari o gestori della farmacia di porre in atto strategie e tecniche per, diciamo, “compensare” l’ammanco derivante dal Ssn e consentire che l’azienda-farmacia prosegua la propria attività sul territorio.

Se negli anni passati fare una farmacia troppo Ssn-centrica ha portato a sviluppo e crescita, oggi si corre il rischio di gestire un processo a somma zero dove è necessario ancor più mantenere gli occhi aperti sui numeri e sul modo in cui questi caratterizzino l’andamento. Non più i problemi legati alle tempistiche di pagamento, ma il ben più grave dei volumi e dei margini.

I titolari prendono decisioni sul modo in cui mitigare eventuali andamenti negativi o trovare degli “oceani blu” in cui poter crescere indisturbati.

Nella lunga ricerca di spazi esclusivi, il o la titolare, nelle vesti di stratega, mette in alto scelte precise su cosa fare o cosa non fare per migliorare la propria attività e raccoglierne i risultati.

Le scelte strategiche possibili sono varie, così come sono varie le strade da intraprendere.

Scelte che il titolare può fare sia sulla base della sensibilità verso un determinato tema specifico – mi vengono in mente la “farmacia galenica” o la “farmacia dello sportivo”, e così via –, sia sulla base di reali necessità del bacino di utenza di riferimento.

A queste due fonti di ispirazione se ne aggiunge una terza, legata all’osservazione dei competitor e a valutare ciò che fanno, per poi copiare se c’è qualcosa di buono da copiare.

Si apre così una riflessione sulla possibilità o meno, da parte della farmacia, del prendere decisioni strategiche che riguardino la crescita della propria attività, sulla base di ciò che fanno gli altri.

Dare un orientamento strategico o implementare prodotti e servizi perché “gli altri fanno così” a mio avviso non è una cosa positiva: se una farmacia ha una visione, una missione, e una strategia forte, non è necessario che vada ad attingere, eventualmente copiando, da ciò che hanno fatto terzi.

Ci sono diverse motivazioni legate al non perseguire questa strada, la più forte è legata al concetto di identità della farmacia, alla storia, al marchio e a ciò che la farmacia produce in termini di risultati – tangibili o meno – sul territorio di riferimento. A titolo di esempio, se la visione è legata alla “presa in carico del paziente cronico” copiare un servizio di foratura dei lobi è certamente incoerente rispetto al posizionamento iniziale e alla mission della farmacia.

C’è anche l’aspetto legato al “ciò che si va a copiare” e al “come viene copiato e implementato”: quando si vede qualcosa nella forma esterna, se ne può copiare solo lo strato superficiale visibile, non ciò che vi è al suo interno. Di conseguenza, anche la capacità di erogare qualitativamente un prodotto o servizio potrebbe esserne intaccata nel momento in cui si va a copiare qualcosa da un terzo, contraddistinguendo la qualità di come un prodotto o servizio viene erogato.

Tornando al concetto di radici storiche della propria farmacia e al posizionamento strategico sul relativo territorio di riferimento, è chiaro che il ragionamento del «Ma gli altri fanno così» perde il valore se la scatola dei contenuti della farmacia è piena. Al contrario, se il titolare vive una farmacia di “riflesso”, ovvero una farmacia che fa cose solo perché le fanno gli altri, è un titolare che subisce. Si tratta di un titolare che subisce i concorrenti, subisce il mercato, e che subisce anche i pazienti-clienti e le loro richieste.

In breve, andare in direzione del «Ma gli altri fanno così» è una scelta a mio avviso controproducente: se può dare l’impressione di produrre risultati immediati, sul lungo periodo non fa altro che indebolire la farmacia e il proprio posizionamento sul bacino di utenza di riferimento.

Spero di aver sufficientemente argomentato su questo tema centrate a tutte le scelte decisionali strategiche, ma se c’è qualcosa che non è chiaro, scrivimi un commento, due righe per email, o fissa una video-chiamata: sarò sempre felice di risponderti.

Un caro saluto e a presto,

Alfonso

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